Le palpebre si socchiudono, appesantite da questo tempo. Tempo molle. Tempo vigliacco. Tempo viscido. Troppi bagni nel niente per non sentire qualcosa di strano muoversi nella pancia. La televisione è accesa, brucia la Grecia, Bossi continua a sparare cazzate, il Super Enalotto è stato vinto, e così via... le notizie mi scivolano intorno, non ne avverto la consistenza, forse che la vita è senza spessore, forse che lo sembra, forse è che non lo so, non lo sappiamo.
Penso che da qualche parte sta cadendo una bomba. Ora. E che il nostro più grande dilemma è cosa fare stasera. In fin dei conti è un'idea banale, eppure mi fa sorridere.
Penso al concetto di comicità nel senso pirandelliano. Penso di essere comico anch'io in fondo, come Silvio Berlusconi che su Chi si improvvisa buon padre e nonno affettuoso, come Giovanni Ianniciello, il nostro beneamato sindaco, che pur essendo un rappresentante di una diversa fazione politica non si comporta diversamente dal rispettabilissimo Cavaliere.
Penso che siamo a contatto con tutto il mondo grazie o per colpa di Internet e che poi ci grattiamo le palle se passa un funerale.
Penso a quella volta a Roma che ho visto un gruppo di catechisti cantare lodi al signore a due passi dalla statua di Giordano Bruno.
Penso alla statica mobilità di tutto ciò che ci circonda.
Penso che stia arrivando il tempo per nuovi idoli, enormi maiali che si rotoleranno in una poltiglia particolarmente invitante: quel che rimarrà dei nostri cervelli. Penso che forse ci siamo già.
Forse questo è il crepuscolo degli uomini.
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