sento il profumo dei suoi capelli,
una cascata di fili d’argento
e poi quello sguardo dorato
l’iride come un pugnale
ecco, le dita sottili
lungo il mio petto inquieto
si muovono in una sporca danza
non rispondono ad alcuna domanda
ogni notte la notte si agita
come se fosse di carne
e noi nient’altro che spettri,
non più di un latrato di cani
mi protendo verso un ridere sommesso
che ai piedi del letto mi osserva
ha tutto il cielo dentro gli occhi,
l’innocenza di chi è perdizione
minuscole mani per reggere
il gioco di spago e destino
la fermezza di chi sa varcare
le crune e gli strati di ozono
la mattina, che nei temporali
porta l’odore di tutti i suoi viaggi
la mattina, che in un gioco ambrato
ci regalerà un altro miraggio
non c’è luogo che ci appartenga
non c’è luogo a cui apparterremo
senza requie è l’istinto dell’ombra
che si allunga fuggendo la luce
siamo il cacciatore e la sua preda
condannati a correre in circolo
non ci prenderemo mai
e mai scapperemo davvero
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