mercoledì 5 ottobre 2011

bassa marea.


calma, calma nervosa
bisogno schizofrenico
di attenzioni
l'onda ha la voce
fievole della colpa

ognuno aspetta
la sua nave
ognuno augura
agli altri una tempesta

pure i pirati
vogliono viaggiare
comodamente

dio è troppo disgustato
per un diluvio universale

la luna, obesa, si gratta

martedì 4 ottobre 2011

i re.

il re di denari
guarda il soffitto
pensa sia suo
prima che il vento
lo capovolga
il re di bastoni
ride
quello di coppe
scappa
quello di spade
aspetta
i cavalieri
hanno fame
di ordini
negli sguardi
delle donne
il gioco
era finito
da un pezzo

sabato 1 ottobre 2011

riflessi.

forse scrivendo
violento la vita
non ti capisco
ma a volte t'invento
so che nulla si può fermare
soltanto perché ho gli occhi stanchi
o questo male alle gambe
o l'anima nella pancia
e la terra non la conosco
delle stagioni ho sentito parlare
sfumature che non si colgono
digerite senza ingoiare
impressioni rimaste mute
o cantate senza pensarci
delle quali restano ombre
riflessi di frasi spezzate

giovedì 22 settembre 2011

non dimenticare.

fermati un attimo

tra il destino e il caso

gioca con le sagome,

i profili delle chiese

adagiate al centro

della modernità

porte di un inferno

che canta la libertà

guarda quel calice

che sputa in faccia al cielo

il suo sangue color cenere

il cuore di temporale

e se dicono che è tardi

tu non dimenticare

se dicono che è tardi

tu non dimenticare

ascolta le voci

stridenti delle ruote

rasoi a un passo dal collo

a un millimetro dal vuoto

su una linea d'orizzonte

che ora è e ora non è mare

sopra gli angoli di strada

dove vivere è campare

quando dicono che è tardi

tu non dimenticare

se dicono che è tardi

tu non dimenticare

domenica 11 settembre 2011

L'altra faccia.

così lontane
così immaginarie
vite soltanto
per sentito dire
per qualche minuto
della tua attenzione
soltanto il tempo
che serve a svanire
così lontane
così immaginarie
troppo diverse
per poter capire
giochi di bimbi
e mosse di scacchi
giochi di bimbi
fin troppo distratti

giovedì 8 settembre 2011

senza farci caso.

ci consumiamo
senza farci caso
con discrezione
per non dar fastidio
ci roviniamo
giocando a chi è più forte
con gentilezza
ed allegria sgualcita
la noia dell'ieri
sta nelle macerie
quella dell'oggi
negli occhi di chi dice
"non lo sapevo
che fossero importanti
non lo sapevo,
non lo sappiamo in tanti"
se ora non basta
quel cielo ad indignarti
scarabocchiato
dalle penne dei potenti
illuminato
fino a sembrar di troppo
un'immortalità
con il fiato corto
se non ti basta
svegliarti senza sogni
cosa ti aspetti
che lascino i tuoi polsi?
cosa ti aspetti
che semini il tuo ventre?
cosa ti aspetti
non aspettando niente?

domenica 21 agosto 2011

piombo

sulla punta degli indici
non carezze ma nomi
per semi che scavino
invece di ambire al cielo
fino a tramutarsi
in radici di piombo
con mani come rami
incapaci ad amare
e guardarsi appassire
con rigoglioso disprezzo
senza poter capire
l'incanto di ciò che è perso
senza ammettere agli occhi
di antiche libertà
che non si può insegnare
cos'è la felicità

giovedì 11 agosto 2011

il gatto alle quattro.

ritto sulle zampe
mi fissa
quasi a dirmi
che è una cosa stupida
il fumo che sto aspirando
avorio liquido
affluente della Via Lattea
una scusa debole
per il respiro affannato

gli chiederei
se ha un'anima
se ci siamo incontrati
e dove
ma è lui
che fa le domande
e io
non so rispondere

giovedì 28 luglio 2011

pioggia.

due bracciate di strada
con le scarpe pesanti
anche se scorro calmo
mi perdonerete

cerco qualcosa di dimenticato
in quei minuscoli spazi mobili
che vivono tanto in fretta
da non farci nemmeno caso

voi tendete la mani su sogni
per i quali si è ormai fatto tardi
le lancette stanno sui rimpianti
il rancore vi ha bruciato le tasche

non mi va quel gioco di riflessi
per mostrare le colpe degli altri
o legare i ricordi in un cerchio
intorno a dita da burattinai

se ci vengo nel centro è soltanto
per il gusto a spostarmi di lato
se ci vengo nel centro è soltanto
per il gusto a spostarmi di lato

martedì 26 luglio 2011

puoi riconoscermi?

tutto dorme in grembo
alla vita addormentata
per evitare il tempo
possiamo stare svegli
a ritrarci i volti
con i tratti distorti
per poi rinnegarli
strapparci o cancellarci
essere stanchi e speciali
nelle luci, il venerdì
tutti quanti lontani
da quei luoghi comuni
tutti così diversi
e veramente furbi
tanto da finirci sempre
tanto da abitarci dentro
chiederti come stai
per dirti come sto
e non sentire altro
che le mie parole
farmi del male, poi
per fare del male a te
come se fosse vero
come se tu esistessi
hai amato in cento occhi
occhi immaginari
non c'era differenza
e ogni volta aspettavi
di amare in altri giorni
istanti straordinari
com'erano unici
com'erano banali
ho solo queste mani
per poter sfiorare
l'infinita decadenza
e l'incoerenza del tuo stelo
ho solo queste mani
puoi riconoscermi?
puoi riconoscermi?
puoi riconoscermi?

lunedì 25 luglio 2011

ho solo mangiato troppo.

uomini in giacca e cravatta
rapinano straccioni
mentre taglio un'altra fetta
a questo pomeriggio innocuo

ho bevuto un sorso
della grazia del tuo dio
che ha donato la bellezza
al fragore delle bombe

narra ancora di Sodoma
narra ancora di Gomorra
strappa i figli e violenta
l'abominio della colpa

cento e cento le vite
per bussare ad una porta
e quando la fine canta
non c'è un cane che l'ascolta

ma tu rimani pure
crocifisso al tuo divano
lo squarcio si ricuce
ho solo mangiato troppo

e quando mangi troppo
non riesci più a pensare
che lo stupido è chi muore
digerisci con un amen

sabato 23 luglio 2011

Anch'io sono stato Frank Zappa per una frazione di secondo.


Sono nello spiazzale del parco Frank Zappa a Grottaminarda, il paese in cui sono cresciuto, per il Free Rock Festival, una rassegna di letteratura, gruppi emergenti e artigianato.
Mi guardo intorno da una sedia di fianco a un tavolo su cui stanno un po' di copie del mio libro.
A destra c'è lo stand di Delta 3, la casa editrice del posto.
Hanno esposto decine di nuove uscite. Guardarle mi dà, al solito, una strana sensazione.
Passando da pensieri come "siamo troppi" a "ma davvero, io cosa direi di diverso?" il timore sacrale verso il mostro della letteratura diventa vertigine. Per non pensarci estraggo un libro dallo zaino.
"... non avrebbe mai potuto capirmi perché a me piacciono troppe cose e io mi ritrovo sempre confuso e impegolato a correre da una stella cadente all'altra finché non precipito. Questa è la notte, e quel che ti combina. Non avevo niente da offrire a nessuno eccetto la mia stessa confusione."
Dannato Kerouac, così non va mica meglio.

-Ehi, bello.

Una voce familiare, mi volto. Ci si volta anche quando non si è proprio belli. E' il mio amico Antonio che viene a farmi un po' di compagnia.
Parliamo del più e del meno, intanto uno degli espositori alla nostra sinistra mi chiama.

-Mi assento per un quarto d'ora, mi guarderesti le cose? Sai, se vengono i bambini.

Lui lavora il ferro, lo lavora davvero bene.
Ha esposto un grande crocifisso, un drago, una testa, delle sagome stilizzate. E il ritratto di Frank Zappa.
L'ha realizzato con una lastra di ferro sottile, incollando poi il lavoro finito ad un quadrato ritagliato da un sacco di tela marrone chiaro.
I bambini stanno giocando sulle giostre e sarebbe ironico se arrivassero adesso che è mia responsabilità tenere d'occhio i lavori.
Sarebbe così ironico che infatti arrivano, quasi subito.
Sono cinque, hanno l'aria vivacissima.

-Non toccate niente.

Due di loro guardano il ritratto di Frank Zappa e poi me.

-Ma sei tu questo?
-No, è Frank Zappa.
-Ah, è quello che ha fatto il parco.
-Gliel'hanno intitolato, era un musicista.
-Quindi stasera viene a suonare?
-Difficile.
-Ah, è morto.
-Sì.

Guardano ancora un po', si entusiasmano per il drago, poi vanno via. Uno voltandosi mi fa "però ti somiglia".
Il tramonto si muove pigro e fresco. Antonio ed io ridiamo.
Tra un po' verranno le persone che non vedo da tanto.
Piccoli mondi che egoisticamente percepisco immobili, ma che non lo sono mai.
Magari racconterò loro che per un istante, tra il tempo di assorbimento della domanda e quello di elaborazione della risposta, sono stato Frank Zappa.
Meno di un secondo, ma mica male.
In fin dei conti la relatività rende tutto possibile.
Intanto si alza il vento con l'odore delle prime salsicce arrostite, e lo stomaco brontola.
Forse non saranno fiori, ma pure questa è poesia.

mercoledì 20 luglio 2011

e vorrei

Hai gli occhi di catrame
Non ti volti
Tracci con le dita
l'ultimo confine
E' una densa inutile difesa
tanto fragile da non poter crollare
Puoi dirmi quanto segna la distanza
o un segno che non guardi non esiste?
Un altro gesto delle mani
un gesto immobile
adesso e sempre
cancella l'invisibile
Sulla tua banalità
la mia s'infrange
e vorrei
solo non perdere più niente
Nella quotidianità
uccidi promesse
Io vorrei
che mai nessuno andasse via

domenica 10 luglio 2011

ho visto

ho visto deviazioni
sulla strada maestra
insegnare molto meglio di lei
ho visto guerre pigre
combattute da formiche
raccolte intorno alle vetrine
e ho visto fiori bellissimi
diventare rampicanti
pur di non restare soli
e ho visto gli ultimi soli
sui tramonti di piombo
che non vivremo mai

il tavolo.


Si avvicina a passi svelti, si siede in prima fila.

Sembra un professore, la prima cosa che penso guardandolo è che sia un professore.

Noi siamo qui, coi libri sul tavolo, o il tavolo sotto i libri, dipende.

E dentro i libri le parole, i ricordi, solite cose. Intorno a noi amici, conoscenti e sconosciuti, poi un locale che si chiama Volver, e intorno al locale piazza Dante, poi Napoli, poi tanto altro mondo, un po’ visto un po’ sentito.

Siamo qui per un reading, cioè una lettura delle nostre cose. Però a dire reading sembra più importante.

Siamo qui per dire che ci piace esserci. Non è niente di nuovo, certo, ma ogni tanto è bene ribadirlo.

Personalmente se non lo dicessi credo che potrei dimenticarlo. O forse no, pure questo dipende.

Comunque ora c’è anche questo tipo che sta di fronte a noi – cioè a me e al mio amico Antonio – seduto, giacca abbinata ai pantaloni, camicia e cravatta.

Ha una composta scompostezza, un’eleganza aspra, non saprei descriverlo in un altro modo.

Fissa il mio amico Antonio, che ha appena finito di leggere una poesia tratta da Frantumi, la sua prima raccolta.

- Posso intervenire o dovete parlare solo voi?

Pone la domanda con cortesia rude, in un italiano senza particolari inflessioni.

Ricordo di quando da piccolo andavo in chiesa e mi veniva su una voglia pazzesca di fermare il prete per fargli qualche domanda.

E poi dei giorni in cui mi annoiavo a lezione, a scuola o all’università.

E poi di quei convegni idioti, che potevano essere interessantissimi ma restavano comunque idioti.

- Certo che può intervenire.

- Ecco, vorrei sapere… le cose che state leggendo sono scritte da voi o leggete cose di altri?

Guardo i fogli con le poesie inedite che ho in mano e poi la copertina del mio libro, A riprendere le stelle.

Mi passano davanti le persone per cui ho scritto, il contratto, firma paga e vendi, le presentazioni degli ultimi due anni, e gli ultimi due anni perché no, e penso che sì, sono le mie, e che questa sarà l’ultima lettura per molto tempo, che ho voglia di passare oltre.

Rispondiamo che sono tratte dalle nostre raccolte.

- Ecco… ma qual è il fine? C’è un messaggio? Qual è il messaggio?

Vedo i suoi capelli bianchi, la giacca, la cravatta, la camicia, quel modo di fare, ma soprattutto vedo gli occhi. Sì, gli occhi soprattutto.

Antonio resta interdetto e mi domanda cosa ha chiesto.

Glielo dico, poi rispondiamo che sì, c’è un messaggio.

Allora lui mi guarda.

- Ma secondo voi cosa resterà a questa gente? Cosa ricorderanno una volta usciti di qua? Ve lo dico io… niente! Tutto questo non serve a niente, usciranno e lo dimenticheranno!

A questo punto interviene il pubblico, mentre una parte di me pensa che quest’uomo non ha per niente torto.

Un mio amico gli dice che dopo ci sarà il dibattito, che ora ci deve lasciar proseguire.

Penso a Kundera, al suo L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Penso a De André, al suo Non al denaro, non all’amore né al cielo.

Penso all’Antologia di Spoon River che mi aspetta sulla scrivania.

Penso a Hesse, a Fante, a Bukowski, a Pirandello, a Nietzsche e a Kant.

Penso che le domande arrivano così, che ti beccano nel fianco che lasci scoperto.

Immaginate di stare poggiati ad un tavolo. Viene un vostro amico e vi chiede “cos’è questo”. Voi rispondete che è un tavolo, è ovvio. Però.

Sì, è un tavolo. Però. Ecco, vi parte un però. Piccolo, dentro, scatta come una molla, un ingranaggio sconosciuto.

E’ come sentire qualcuno che urla da lontano e dover scegliere. Tendere le orecchie o tapparle.

Una volta scelto, una volta che la molla è scattata, se scatta, siete fregati.

Comunque sto andando troppo in là, torniamo al pubblico che interviene.

L’uomo si innervosisce, ci manda a cagare e si alza.

Mi viene da ridere, tanto.

Mi viene da ridere perché mi ha fottuto, perché ci ha tirato addosso la sua voce tagliente e una domanda per la quale non esiste risposta. E noi che proviamo a tagliare e rispondere, a distruggere e ricostruire, noi qui, siamo soltanto dei bambini. Come lui, come tutti.

E allora rido, perché magari la si può chiamare pazzia una cosa del genere, perché FA COMODO chiamarla pazzia.

E invece non è mai così semplice.

Antonio ha ripreso la lettura, mentre io ancora non riesco a trattenermi.

Poi quell’uomo torna indietro.

- Chiedo scusa per il tono, io vi auguro tutto il bene del mondo…

Qualcuno dal pubblico si volta verso di lui chiedendogli di smettere.

- Ah, ma stai zitta che non hai nemmeno la terza elementare… sapete che vi dico? Tanti auguri a voi e alle vostre STRONZATE.

E va via.

Sono così le domande che ti fregano, semplici, ti beccano al fianco che tanto non puoi coprire. Ti spogliano e poi si prendono gioco di te, che cerchi di coprirti alla meno peggio.

Sono la molla che scatta, se scatta, l’ingranaggio di cui il progettista non ricordava nulla.

E’ come stare poggiati ad un tavolo, e a un tratto viene un vostro amico e vi chiede “cos’è questo”.

Potete rispondere che è un tavolo. E avete ragione, lo è, avete perfettamente ragione.

Oppure potete essere sinceri, e dare quella che, forse, è la risposta più vera.

Non lo so.

sabato 2 luglio 2011

la vita degli altri

strappami le mani di carta
esprimi un desiderio
tappati le orecchie e canta
il tuo ritornello

è la vita degli altri
e per la vita degli altri
non ci sono riguardi
solamente centro e scarti

è la vita degli altri
e nella vita degli altri
sono così distanti
i destini che ora incastri


disegnami presente innocuo
insegnami il segreto
piangi quando sogni il buio
ma vietami di piangere

è la vita degli altri
e nella vita degli altri
non esistono i pazzi
fanno finta, sono falsi

è la vita degli altri
e per la vita degli altri
non ci sono promesse
non esistono rimorsi


è la vita degli altri
e per la vita degli altri
non bisogna voltarsi
lo spettacolo va avanti

è la vita degli altri
e nella vita degli altri
non bisogna fermarsi
si potrebbe fare tardi


strappami le mani di carta
esprimi un desiderio

lontano.


lontano dai concerti a pagamento ho trovato la musica, quella vera.
eppure continuerò a pagare.
lontano dalle dinamiche normali ho trovato l'amore non obbligato, l'amicizia non costretta.
eppure continuerò a controllare il cellulare.
lontano da me stesso ho trovato quel che non c'è da dire, che è l'unica cosa da dire davvero.
eppure continuerò a scrivere, a parlare, a cercare di spiegare.
lontano dall'imprenditorialità editoriale ho trovato la luce del non pretendere.
eppure continuerò ad aspettare, fino a quando non ci sarà una quota di partecipazione anche per esprimere un'idea.

il mondo è solo una traccia.
la segno su un quaderno che non ho.
il resto è la vita, e scorre.

giovedì 30 giugno 2011

il portachiavi


guardo il portachiavi.
i libri sul comodino.
gli oggetti piccoli e quelli grandi.
penso al portatile. lavoro di memoria che da qui non lo vedo.
non mi ci vuol molto a ricordarlo nei dettagli, ad immaginarlo costretto lì sotto, anche se oggi mi sento pigro.
penso che sia dipendenza. un continuo laccio col mondo.
ma lo sono pure gli altri oggetti.
i libri.
il portachiavi.
piccoli legami, infinitesimali, continui, liquidi che si fingono solidi.
se accendessi il pc ci troverei tutto.
ma finché resta spento, sotto quelle maglie, non esiste.
ora "tutto" sta sotto dei vestiti sporchi.
e altro "tutto" alla finestra.
luoghi di cui ho sentito parlare, gente che conosco, grossomodo, da qualche parte.
che mi porto dietro, in una forma o nell'altra.
e a volte smarrisco.
in uno scatolone quante persone ci entrano?
e in tasca?
e quelle intorno ai polsi?
qualcuno l'ho portato al collo, come una fede.
vado a fare due passi. tu non sei qui, eppure certamente "sei".
allora andiamo, ti voglio far vedere un posto nuovo.





lunedì 27 giugno 2011

nel pozzo

raccogliere fiori già raccolti
e portarli a nessuno
come una maledizione
come un regalo

dove sono quelli che non ho visto?
dove sono quelli che smarrisco?
sono spezzati, li hai sfiorati anche tu
forse dormono nel pozzo?

sono sicuro che potrei riconoscerli
uno per uno, anche tra cento vite
sono semplici come un gesto gentile
così unici, luminosi ed inutili

sono atomi che si disgregano
mentre provo ad afferrarli
che mi rendono felice
quando poi rinuncio a farlo

come sono quelli che non ho visto?
come stanno quelli che smarrisco?
sono spezzati, li hai sfiorati anche tu
forse dormono nel pozzo

venerdì 24 giugno 2011

sembra

le luci dei concerti
ci disegnano spenti
i locali sono aperti
anche oggi fino a tardi

e sembra sempre che cambi
come quando dici che hai capito
e sembra sempre che cambi
come se ci capissimo davvero

i giornali si mordono
nelle edicole del corso
e quando li compro
c'è qualche pagina di meno

ma sembra sempre che cambi
come quando dici che hai capito
sì, sembra sempre che cambi
come se ci capissimo davvero

il virus è nella mente
molto più che nei polmoni
e tu cosa stai sognando
nelle pieghe del domani?




lunedì 13 giugno 2011

quelli di mezzo.


siamo quelli di mezzo.

lo sanno i nostri cellulari in mano a dei rapinatori.
lo sanno i nostri documenti in mano a dei carabinieri.

lo sanno le nostre case in bilico.
lo sanno i nostri pareri contraddittori.

lo sanno i nostri rimpianti mai veramente rimpianti.
lo sa la nostalgia del provare nostalgia.

lo sanno i nostri frigoriferi con la roba che scade.
lo sa la roba che ci vendono già scaduta.

lo sanno quelli che possono decidere molto di più.
lo sanno quelli che possono decidere molto di meno.


lo sanno i medici, lo sanno gli psicologi.


lo sanno tutti, lo capiremo anche noi.

domenica 5 giugno 2011

ridendo

prima di tutto il domani
a rendere intangibile l'oggi
e la vergogna di avere
un dolore superbo, egoista
informe nella forma
ma forzato nei contorni
chiedere aiuto ridendo
come un bambino che gioca

venerdì 3 giugno 2011

335

335 metri
da un'anima all'altra
in un solo secondo

qualche sfumatura impercettibile
che non toglie nulla
all'armonia della dissonanza

335 metri
non c'è stupore
né precisione, nella normalità


è meno di un passo
eppure
è così difficile ascoltare?


mercoledì 25 maggio 2011

quando inciampo


quando si inciampa ci si guarda intorno preoccupati, quasi in panico, domandandosi se qualcuno abbia visto.
si ha paura di incrociare un ghigno, uno sguardo compiaciuto, si ha paura che l'espressione smarrita di un momento possa aver aperto a degli estranei il nostro mondo privato.
ci si difende così, è l'istinto, la paura che si scopra qualcosa che non vogliamo mostrare, come il fatto che siamo soltanto dei bambini.

personalmente quando inciampo sorrido.
vuol dire che avevo un passo eccessivamente sicuro.
semplicemente mi stavo prendendo troppo sul serio.

aspettando la rivoluzione

aspettavo la rivoluzione
urlando su un palco
parole che non capivo
che forse ancora non ho capito

aspettavo la rivoluzione
davanti la casa dei padroni
senza nemmeno conoscerli tutti
affidandomi all'olfatto

aspettavo la rivoluzione
tra i libri in cui mi specchiavo
cucendomeli addosso
anche a costo di sanguinare

aspettavo la rivoluzione
tra le ideologie riciclate
e ogni volta che provavo disgusto
era un disgusto che riciclavo

quando mi dormivi accanto
non potevo dirti tutto
perché non ne sapevo molto
e l'istinto non bastava
ed avrei voluto svegliarti
per domandarti chi fossi io
e come mai stavo ancora fermo
ad aspettare la rivoluzione

aspettavo la rivoluzione
nella nebbia di contraddizioni
negli occhi cerchiati dalle notti
nell'ultimo goccio di un amico ubriaco

aspettavo la rivoluzione
tra le mani insanguinate
o davanti la porta di casa
e poi prima di ogni risveglio

aspettavo la rivoluzione
nelle file in ospedale
o in quelle stupide segreterie
o nelle metropolitane


aspetto la rivoluzione
per capire se saprei farla
o se sono semplicemente
molto bravo ad aspettare

domenica 22 maggio 2011

salvarti

gesti asfaltati
avvelenati
fissità inespressive
mentre camminiamo
e siamo il non colore
che smorza i nostri giorni

è solo un altro passo
è mio e non posso dartelo
nemmeno questa volta
riuscirò a salvarti

splendore

nei tratti limati dal vento
di canzoni così antiche
da essere per voi moderne
la vedete quella fermezza
consapevole eppure acerba
arresa eppure mai stanca...?
perché lo splendore non dorme
non tace dietro forme consunte
danza senza alcuna grazia
e si disseta di dissonanze
noi non lo capiremo
dentro le nostre scarpe nuove
dentro il vestito bello
dietro le finestre pulite
e fisseremo con disgusto
il vero spettacolo del mondo
poi dormiremo sereni
di un sonno eternamente colpevole
inseguendo vanità di sabbia
imprigionate nelle nostre clessidre
e segneremo con le unghie
tutti i nostri istanti sfumati

in un gioco di dissonanze
senza sentirne la grazia
noi non lo capiremo
perché lo splendore non dorme

giovedì 12 maggio 2011

mai

sento il profumo dei suoi capelli,

una cascata di fili d’argento

e poi quello sguardo dorato

l’iride come un pugnale


ecco, le dita sottili

lungo il mio petto inquieto

si muovono in una sporca danza

non rispondono ad alcuna domanda


ogni notte la notte si agita

come se fosse di carne

e noi nient’altro che spettri,

non più di un latrato di cani



mi protendo verso un ridere sommesso

che ai piedi del letto mi osserva

ha tutto il cielo dentro gli occhi,

l’innocenza di chi è perdizione


minuscole mani per reggere

il gioco di spago e destino

la fermezza di chi sa varcare

le crune e gli strati di ozono


la mattina, che nei temporali

porta l’odore di tutti i suoi viaggi

la mattina, che in un gioco ambrato

ci regalerà un altro miraggio



non c’è luogo che ci appartenga

non c’è luogo a cui apparterremo

senza requie è l’istinto dell’ombra

che si allunga fuggendo la luce


siamo il cacciatore e la sua preda

condannati a correre in circolo

non ci prenderemo mai

e mai scapperemo davvero

mercoledì 11 maggio 2011

dal profondo

guardami
sono lo stesso di ieri
quale buio stai cercando?
di quale freddo tremi?
non senti quella voce
che viene dal profondo?
ora cammina verso te
guardala

comodi gli occhi
che hai indossato oggi
per mettere in fila
le tue piccole verità
comodi gli occhi
fissi di una bambola
non rischiano di perdersi
o di diventare ciechi

guardami
sono l'eredità dei secoli
di tutti gli universi
davanti ai quali tremi
la carne della voce
che viene dal profondo
sto venendo da te
guardami

comprendere è soltanto
tendere la mani
per accarezzare
la purezza degli istanti
comprendere è soltanto
uno sguardo sfrontato
che oltrepassa le barriere
di cemento e di parole

guardami
sono lo stesso di ieri
quale buio stai cercando?
di quale freddo tremi?

martedì 10 maggio 2011

soltanto

lungo le gambe il tuo male

quello che crescendo

fa correre più forte

in un posto, un qualsiasi posto

dove le foglie di ottobre

sciolgano l'ansia di agosto


sei l'incarnazione del fallimento

prima di ogni tentativo

prova a spiegarti questo

o prova a spiegarlo a loro

le tue caviglie danzano

davanti a degli occhi chiusi

aspettano un semplice applauso

senza alcuna illusione


resterai abbastanza

da desiderare di essere

speciale, in un modo o nell'altro?

resterai fino a quando

non sarai così mediocre

da non voler svanire più?



guarda le linee

che non ho disegnato

per un po' soltanto

soltanto per un po'

non farmi essere niente

non farmi essere niente


che si riposi il mio male

e almeno per una volta

dorma un po' più forte

in un posto, un qualsiasi posto

dove le foglie di ottobre

sciolgano l'ansia di agosto

martedì 3 maggio 2011

i miracoli

splendide le iene occidentali

hanno il pelo dorato

e persino un bel culo


danzano intorno alle carcasse

delle paure passate

e aspettano un altro nemico


il cacciatore è tornato

dalla foresta incantata

con la testa dell'orco


è l'eroe che ci ha salvati

ha lo sguardo d'argento

ed il cuore di piombo


forse sono i miracoli

dei nostri nuovi santi

forse sono i miracoli

dei nostri nuovi santi


splendide le iene occidentali

hanno un sorriso perfetto

in cui risplende la pace


lì, sopra i corpi maciullati

in nome dell'amore

delle loro verità


il re mostra a tutti quel viso

congelato nello spasimo

dell'ultima bestemmia


ora che tutto è finito

potranno venirne a milioni

noi non li temeremo


perché avremo i miracoli

dei nostri nuovi santi

perché avremo i miracoli

dei nostri nuovi santi

venerdì 29 aprile 2011

forse allora

immaginare nei limiti
coi limiti che aumentano
e l'incedere del tempo
a disegnarti saggio
si curvano, nell'ordine,
il cuore, la mente, la schiena
e ogni cosa che non possiedi
in qualche modo ti abbandona
sarebbe bello, miei cari,
imparare ad accarezzarci
non per le morali ostinate
non per cancellare distanze
non per i nuovi credo
che ci vendono in buste di cellophane
non per la poesia
o qualsiasi forma di nobiltà
sarebbe bello farlo
per le nostre anime nere
per i pensieri inconfessati
che ci gorgogliano nel petto
in cui ognuno vorrebbe essere
carnefice del proprio del carnefice
tutti con le ali bianche
e lo sguardo di chi taglia gole
sarebbe bello farlo
cancellando questo rispetto
fatto solo di cortesia
perché il rispetto può essere un grido
dovremmo accettare i nostri bisogni
dal bere dell'acqua
ad avere un nemico
e forse allora potremmo sfiorarci

forse allora potremmo sfiorarci
senza provare disgusto
per la puzza di piscio
delle nostre lenzuola pulite

giovedì 28 aprile 2011

mi avete detto


di fronte al mare mi avete detto
quello è soltanto un ammasso d'acqua
devi pregare che stia al suo posto
è inganno l'onda, la sua risacca

di fronte al tempo mi avete detto
l'abbiamo preso con le lancette
ma lo dovrai ammazzare sempre
prima che lui ti faccia a fette

di fronte al cielo mi avete detto
temi gli aerei le stelle e gli dei
e quel che celano pianeti e nuvole
ma non è questo quel che vorrei

senza satelliti e consumazioni
vorrei soltanto che fossimo flusso
senza più diavoli o inibizioni
poter fissare negli occhi l'abisso

senza timbrare e senza aperitivi
strappare via i conti e non farli tornare
conservare intatto questo stupore
per quel poco che resta speciale

di fronte all'uomo mi avete detto
l'amico è nemico, serpe la famiglia
non c'è nulla di più lontano
di qualcosa che ti somiglia

di fronte alla storia mi avete detto
guardala, è squallida eppure s'adorna
impara e dimentica, non darle peso
che tanto di certo ogni cosa ritorna

di fronte all'arte mi avete detto
è quel che di buono resta del dolore
ma ti conviene starle lontano
che oggi nessuno potrà capire

ma senza scontrini e fraintendimenti
vorrei soltanto sentire il mio sangue
senza più traffico e senza nevrosi
camminare sulle mie gambe

senza rimpianti e rivoluzioni
di quelle comode oppure violente
credere forte di poter credere
che si possa credere per sempre

domenica 24 aprile 2011

via crucis


la gente guarda rapita lo spettacolo di quel piccolo colle.

sarà la notte giovane, il buio che si espande nel cielo e poi se ne impossessa - come un liquido scuro e denso versato in un bicchiere d'acqua - saranno le candele disposte lungo la salita, saranno le sagome degli alberi che stanno lì a farsi specchio per le nuvole, saranno gli abiti degli uomini che abbiamo di fronte, saranno i fari che si accendono e trasformano la realtà in un dipinto.

il messia sta sotto un ulivo, gli apostoli lo attendono, come pure i soldati romani e il sinedrio e la piazza.

ineluttabilità del destino. rappresentazione dell'ineluttabilità. rievocare, per ricordare l'esser polvere, la grandiosità e l'infinito esser infimo. dell'anima. delle anime.

una voce intorno a noi inizia ad illustrare i personaggi della rappresentazione.

le telecamere rai sono pronte, l'intera città deglutisce, che bisogna far bella figura.

erode e matteo.

barabba e giovanni.

pietro e pilato.

per ognuno la voce narrante spende qualche parola.

poi arriva al personaggio "folla", recitando la definizione "multiforme e cangiante, subisce l'influenza dei potenti di turno".

un bambino alle mie spalle domanda al padre se schizzerà molto sangue, il padre risponde di no, che è tutto finto e può star tranquillo.

però lui protesta. perché non ci dovrebbe essere sangue? ha visto i vari tipi di fruste, non erano finti!

ecco, la natura umana. piccoli mostri di sadismo che smusseranno la loro cattiveria con centinaia di inibizioni sociali, dimenticando la voce tribale nel petto che domanda violenza e accontentandosi dei servizi sugli ultimi omicidi, su moventi e modalità, sentendo gli opinionisti snocciolare interessanti teorie e dimenticando il resto, oppure inveendo allo stadio, nei cortei o dove sia.

la folla, personaggio multiforme e cangiante.

la folla, commossa dal monologo di un giuda interpretato davvero bene, chi sa per quanti denari.

la folla, prostrata di fronte allo spettacolo di musica e parole, proiettata nell'atmosfera di sogno della redenzione, che però sogno deve restare.

domandate a uno di questi uomini di prendere un immigrato in casa sua.

domandate a uno di questi uomini di rinunciare all'uovo di cioccolato, al pranzo pasquale.

domandate loro qualcosa che sia più di qualche spicciolo.

o non domandate nulla, però guardate.

guardate la loro devozione, il loro trasporto.

miracoli del tecnico delle luci.

miracoli della stereofonia.

miracoli di un buon subwoofer.

miracoli della fede.

martedì 12 aprile 2011

salita pontecorvo

vene in rilievo, ad intrecciare
la calma del legno, il flusso del rame
piedi scalzi, nello scalpiccio dei tacchi
e tra i benpensanti tenuti su dai lacci
tutto quel danzare dietro le rughe
di suoni e di donne e di amici e di luoghi
con un sorriso ti dice ogni cosa
e in quel sorriso l'hai già compreso
che è una bambina, l'eternità
ci giochi, poi invecchi, e lei resta uguale
ti aspetta, tu corri, l'hai fatta aspettare
ecco, si volta, e non tornerà
salita pontecorvo
è un altro maledetto giorno
come sempre mi ci perdo
e aprire gli occhi è il mio ritorno
salita pontecorvo
che sia benedetto il giorno
tra le grida di giubilo
di chi ha addosso la miseria
salita pontecorvo
è un posto come tanti
le nostre sono solo vite
e questo è solo un altro addio
salita pontecorvo
forse saprò ritrovarti
oppure non ti sto perdendo
e ogni saluto è una bugia

martedì 5 aprile 2011

lascia pure

Lascia pure

che facciano rumore

battendo sulla grancassa

di una noia in multi- color

Lascia pure

che scorrano con gli occhi

e le voci come un sibilo

a pensarsi migliori

Culla il tuo silenzio

se puoi

Lo so

che quando piangono

viene quasi da ridere

E allora tu ridi

se puoi

In fondo ci è sempre

bastato molto poco

Lascia pure

che facciano rumore

graffiando con le lingue

i pochi spazi d’aria

Lascia pure

che siano indifferenti

fingendo di sbattersi

tra centinaia di specchi

Culla il tuo silenzio

se puoi

Lo so

che quando ridono

viene quasi da piangere

Però poi ridiamo

se vuoi

In fondo ci è sempre

bastato molto poco