mercoledì 5 ottobre 2011
bassa marea.
martedì 4 ottobre 2011
i re.
sabato 1 ottobre 2011
riflessi.
giovedì 22 settembre 2011
non dimenticare.
fermati un attimo
tra il destino e il caso
gioca con le sagome,
i profili delle chiese
adagiate al centro
della modernità
porte di un inferno
che canta la libertà
guarda quel calice
che sputa in faccia al cielo
il suo sangue color cenere
il cuore di temporale
e se dicono che è tardi
tu non dimenticare
se dicono che è tardi
tu non dimenticare
ascolta le voci
stridenti delle ruote
rasoi a un passo dal collo
a un millimetro dal vuoto
su una linea d'orizzonte
che ora è e ora non è mare
sopra gli angoli di strada
dove vivere è campare
quando dicono che è tardi
tu non dimenticare
se dicono che è tardi
tu non dimenticare
domenica 11 settembre 2011
L'altra faccia.
giovedì 8 settembre 2011
senza farci caso.
domenica 21 agosto 2011
piombo
giovedì 11 agosto 2011
il gatto alle quattro.
giovedì 28 luglio 2011
pioggia.
martedì 26 luglio 2011
puoi riconoscermi?
lunedì 25 luglio 2011
ho solo mangiato troppo.
sabato 23 luglio 2011
Anch'io sono stato Frank Zappa per una frazione di secondo.
mercoledì 20 luglio 2011
e vorrei
domenica 10 luglio 2011
ho visto
il tavolo.
Si avvicina a passi svelti, si siede in prima fila.
Sembra un professore, la prima cosa che penso guardandolo è che sia un professore.
Noi siamo qui, coi libri sul tavolo, o il tavolo sotto i libri, dipende.
E dentro i libri le parole, i ricordi, solite cose. Intorno a noi amici, conoscenti e sconosciuti, poi un locale che si chiama Volver, e intorno al locale piazza Dante, poi Napoli, poi tanto altro mondo, un po’ visto un po’ sentito.
Siamo qui per un reading, cioè una lettura delle nostre cose. Però a dire reading sembra più importante.
Siamo qui per dire che ci piace esserci. Non è niente di nuovo, certo, ma ogni tanto è bene ribadirlo.
Personalmente se non lo dicessi credo che potrei dimenticarlo. O forse no, pure questo dipende.
Comunque ora c’è anche questo tipo che sta di fronte a noi – cioè a me e al mio amico Antonio – seduto, giacca abbinata ai pantaloni, camicia e cravatta.
Ha una composta scompostezza, un’eleganza aspra, non saprei descriverlo in un altro modo.
Fissa il mio amico Antonio, che ha appena finito di leggere una poesia tratta da Frantumi, la sua prima raccolta.
- Posso intervenire o dovete parlare solo voi?
Pone la domanda con cortesia rude, in un italiano senza particolari inflessioni.
Ricordo di quando da piccolo andavo in chiesa e mi veniva su una voglia pazzesca di fermare il prete per fargli qualche domanda.
E poi dei giorni in cui mi annoiavo a lezione, a scuola o all’università.
E poi di quei convegni idioti, che potevano essere interessantissimi ma restavano comunque idioti.
- Certo che può intervenire.
- Ecco, vorrei sapere… le cose che state leggendo sono scritte da voi o leggete cose di altri?
Guardo i fogli con le poesie inedite che ho in mano e poi la copertina del mio libro, A riprendere le stelle.
Mi passano davanti le persone per cui ho scritto, il contratto, firma paga e vendi, le presentazioni degli ultimi due anni, e gli ultimi due anni perché no, e penso che sì, sono le mie, e che questa sarà l’ultima lettura per molto tempo, che ho voglia di passare oltre.
Rispondiamo che sono tratte dalle nostre raccolte.
- Ecco… ma qual è il fine? C’è un messaggio? Qual è il messaggio?
Vedo i suoi capelli bianchi, la giacca, la cravatta, la camicia, quel modo di fare, ma soprattutto vedo gli occhi. Sì, gli occhi soprattutto.
Antonio resta interdetto e mi domanda cosa ha chiesto.
Glielo dico, poi rispondiamo che sì, c’è un messaggio.
Allora lui mi guarda.
- Ma secondo voi cosa resterà a questa gente? Cosa ricorderanno una volta usciti di qua? Ve lo dico io… niente! Tutto questo non serve a niente, usciranno e lo dimenticheranno!
A questo punto interviene il pubblico, mentre una parte di me pensa che quest’uomo non ha per niente torto.
Un mio amico gli dice che dopo ci sarà il dibattito, che ora ci deve lasciar proseguire.
Penso a Kundera, al suo L’insostenibile leggerezza dell’essere.
Penso a De André, al suo Non al denaro, non all’amore né al cielo.
Penso all’Antologia di Spoon River che mi aspetta sulla scrivania.
Penso a Hesse, a Fante, a Bukowski, a Pirandello, a Nietzsche e a Kant.
Penso che le domande arrivano così, che ti beccano nel fianco che lasci scoperto.
Immaginate di stare poggiati ad un tavolo. Viene un vostro amico e vi chiede “cos’è questo”. Voi rispondete che è un tavolo, è ovvio. Però.
Sì, è un tavolo. Però. Ecco, vi parte un però. Piccolo, dentro, scatta come una molla, un ingranaggio sconosciuto.
E’ come sentire qualcuno che urla da lontano e dover scegliere. Tendere le orecchie o tapparle.
Una volta scelto, una volta che la molla è scattata, se scatta, siete fregati.
Comunque sto andando troppo in là, torniamo al pubblico che interviene.
L’uomo si innervosisce, ci manda a cagare e si alza.
Mi viene da ridere, tanto.
Mi viene da ridere perché mi ha fottuto, perché ci ha tirato addosso la sua voce tagliente e una domanda per la quale non esiste risposta. E noi che proviamo a tagliare e rispondere, a distruggere e ricostruire, noi qui, siamo soltanto dei bambini. Come lui, come tutti.
E allora rido, perché magari la si può chiamare pazzia una cosa del genere, perché FA COMODO chiamarla pazzia.
E invece non è mai così semplice.
Antonio ha ripreso la lettura, mentre io ancora non riesco a trattenermi.
Poi quell’uomo torna indietro.
- Chiedo scusa per il tono, io vi auguro tutto il bene del mondo…
Qualcuno dal pubblico si volta verso di lui chiedendogli di smettere.
- Ah, ma stai zitta che non hai nemmeno la terza elementare… sapete che vi dico? Tanti auguri a voi e alle vostre STRONZATE.
E va via.
Sono così le domande che ti fregano, semplici, ti beccano al fianco che tanto non puoi coprire. Ti spogliano e poi si prendono gioco di te, che cerchi di coprirti alla meno peggio.
Sono la molla che scatta, se scatta, l’ingranaggio di cui il progettista non ricordava nulla.
E’ come stare poggiati ad un tavolo, e a un tratto viene un vostro amico e vi chiede “cos’è questo”.
Potete rispondere che è un tavolo. E avete ragione, lo è, avete perfettamente ragione.
Oppure potete essere sinceri, e dare quella che, forse, è la risposta più vera.
Non lo so.
sabato 2 luglio 2011
la vita degli altri
lontano.
giovedì 30 giugno 2011
il portachiavi
lunedì 27 giugno 2011
nel pozzo
venerdì 24 giugno 2011
sembra
lunedì 13 giugno 2011
quelli di mezzo.
domenica 5 giugno 2011
ridendo
venerdì 3 giugno 2011
335
mercoledì 25 maggio 2011
quando inciampo
aspettando la rivoluzione
domenica 22 maggio 2011
salvarti
splendore
giovedì 12 maggio 2011
mai
sento il profumo dei suoi capelli,
una cascata di fili d’argento
e poi quello sguardo dorato
l’iride come un pugnale
ecco, le dita sottili
lungo il mio petto inquieto
si muovono in una sporca danza
non rispondono ad alcuna domanda
ogni notte la notte si agita
come se fosse di carne
e noi nient’altro che spettri,
non più di un latrato di cani
mi protendo verso un ridere sommesso
che ai piedi del letto mi osserva
ha tutto il cielo dentro gli occhi,
l’innocenza di chi è perdizione
minuscole mani per reggere
il gioco di spago e destino
la fermezza di chi sa varcare
le crune e gli strati di ozono
la mattina, che nei temporali
porta l’odore di tutti i suoi viaggi
la mattina, che in un gioco ambrato
ci regalerà un altro miraggio
non c’è luogo che ci appartenga
non c’è luogo a cui apparterremo
senza requie è l’istinto dell’ombra
che si allunga fuggendo la luce
siamo il cacciatore e la sua preda
condannati a correre in circolo
non ci prenderemo mai
e mai scapperemo davvero
mercoledì 11 maggio 2011
dal profondo
martedì 10 maggio 2011
soltanto
lungo le gambe il tuo male
quello che crescendo
fa correre più forte
in un posto, un qualsiasi posto
dove le foglie di ottobre
sciolgano l'ansia di agosto
sei l'incarnazione del fallimento
prima di ogni tentativo
prova a spiegarti questo
o prova a spiegarlo a loro
le tue caviglie danzano
davanti a degli occhi chiusi
aspettano un semplice applauso
senza alcuna illusione
resterai abbastanza
da desiderare di essere
speciale, in un modo o nell'altro?
resterai fino a quando
non sarai così mediocre
da non voler svanire più?
guarda le linee
che non ho disegnato
per un po' soltanto
soltanto per un po'
non farmi essere niente
non farmi essere niente
che si riposi il mio male
e almeno per una volta
dorma un po' più forte
in un posto, un qualsiasi posto
dove le foglie di ottobre
sciolgano l'ansia di agosto
martedì 3 maggio 2011
i miracoli
splendide le iene occidentali
hanno il pelo dorato
e persino un bel culo
danzano intorno alle carcasse
delle paure passate
e aspettano un altro nemico
il cacciatore è tornato
dalla foresta incantata
con la testa dell'orco
è l'eroe che ci ha salvati
ha lo sguardo d'argento
ed il cuore di piombo
forse sono i miracoli
dei nostri nuovi santi
forse sono i miracoli
dei nostri nuovi santi
splendide le iene occidentali
hanno un sorriso perfetto
in cui risplende la pace
lì, sopra i corpi maciullati
in nome dell'amore
delle loro verità
il re mostra a tutti quel viso
congelato nello spasimo
dell'ultima bestemmia
ora che tutto è finito
potranno venirne a milioni
noi non li temeremo
perché avremo i miracoli
dei nostri nuovi santi
perché avremo i miracoli
dei nostri nuovi santi
venerdì 29 aprile 2011
forse allora
giovedì 28 aprile 2011
mi avete detto
domenica 24 aprile 2011
via crucis
la gente guarda rapita lo spettacolo di quel piccolo colle.
sarà la notte giovane, il buio che si espande nel cielo e poi se ne impossessa - come un liquido scuro e denso versato in un bicchiere d'acqua - saranno le candele disposte lungo la salita, saranno le sagome degli alberi che stanno lì a farsi specchio per le nuvole, saranno gli abiti degli uomini che abbiamo di fronte, saranno i fari che si accendono e trasformano la realtà in un dipinto.
il messia sta sotto un ulivo, gli apostoli lo attendono, come pure i soldati romani e il sinedrio e la piazza.
ineluttabilità del destino. rappresentazione dell'ineluttabilità. rievocare, per ricordare l'esser polvere, la grandiosità e l'infinito esser infimo. dell'anima. delle anime.
una voce intorno a noi inizia ad illustrare i personaggi della rappresentazione.
le telecamere rai sono pronte, l'intera città deglutisce, che bisogna far bella figura.
erode e matteo.
barabba e giovanni.
pietro e pilato.
per ognuno la voce narrante spende qualche parola.
poi arriva al personaggio "folla", recitando la definizione "multiforme e cangiante, subisce l'influenza dei potenti di turno".
un bambino alle mie spalle domanda al padre se schizzerà molto sangue, il padre risponde di no, che è tutto finto e può star tranquillo.
però lui protesta. perché non ci dovrebbe essere sangue? ha visto i vari tipi di fruste, non erano finti!
ecco, la natura umana. piccoli mostri di sadismo che smusseranno la loro cattiveria con centinaia di inibizioni sociali, dimenticando la voce tribale nel petto che domanda violenza e accontentandosi dei servizi sugli ultimi omicidi, su moventi e modalità, sentendo gli opinionisti snocciolare interessanti teorie e dimenticando il resto, oppure inveendo allo stadio, nei cortei o dove sia.
la folla, personaggio multiforme e cangiante.
la folla, commossa dal monologo di un giuda interpretato davvero bene, chi sa per quanti denari.
la folla, prostrata di fronte allo spettacolo di musica e parole, proiettata nell'atmosfera di sogno della redenzione, che però sogno deve restare.
domandate a uno di questi uomini di prendere un immigrato in casa sua.
domandate a uno di questi uomini di rinunciare all'uovo di cioccolato, al pranzo pasquale.
domandate loro qualcosa che sia più di qualche spicciolo.
o non domandate nulla, però guardate.
guardate la loro devozione, il loro trasporto.
miracoli del tecnico delle luci.
miracoli della stereofonia.
miracoli di un buon subwoofer.
miracoli della fede.
martedì 12 aprile 2011
salita pontecorvo
martedì 5 aprile 2011
lascia pure
Lascia pure
che facciano rumore
battendo sulla grancassa
di una noia in multi- color
Lascia pure
che scorrano con gli occhi
e le voci come un sibilo
a pensarsi migliori
Culla il tuo silenzio
se puoi
Lo so
che quando piangono
viene quasi da ridere
E allora tu ridi
se puoi
In fondo ci è sempre
bastato molto poco
Lascia pure
che facciano rumore
graffiando con le lingue
i pochi spazi d’aria
Lascia pure
che siano indifferenti
fingendo di sbattersi
tra centinaia di specchi
Culla il tuo silenzio
se puoi
Lo so
che quando ridono
viene quasi da piangere
Però poi ridiamo
se vuoi
In fondo ci è sempre
bastato molto poco